Vitamina D: nuove conoscenze

Vitamina D: nuove conoscenze

Da sempre, la vitamina D è associata al benessere dello scheletro e delle ossa: ed è noto, in particolare, il suo ruolo essenziale nel “fissare” sullo scheletro il Calcio che introduciamo con gli alimenti, le bevande, gli integratori. Recentemente, tuttavia, alcuni studi scientifici hanno osservato qualcosa di completamente nuovo: e cioè che elevati livelli nel sangue di questa vitamina si associano a una riduzione del rischio di incorrere in eventi cardiovascolari come l’infarto di cuore.
La protezione si osserverebbe per livelli ematici piuttosto elevati.
La vitamina D, se ci pensate, è una vitamina un po’ “atipica”: il nostro organismo, infatti, la può produrre grazie alla semplice esposizione alla luce del sole. Nella pelle, sostanze di origine vegetale, o un derivato del colesterolo (entrambi dal nome impronunciabile), vengono trasformati dalla luce solare in composti intermedi che, ulteriormente rielaborati dal fegato, portano finalmente alla forma attiva di questa essenziale vitamina.
Un’ovvia conseguenza è che se non ci esponiamo a un’adeguata quantità di luce solare, la nostra pelle non produce vitamina D a sufficienza.

 

Dovremmo forse rifletterci, quando ci ricopriamo di creme solari con altissimo fattore protettivo, che bloccano quasi completamente questo fenomeno. E la scarsa esposizione solare delle persone di una certa età (poco inclini, anche d’estate, a mettersi il costume e stare in spiaggia) contribuisce a spiegare la relativa fragilità delle loro ossa e del loro scheletro.
Ma se, come suggeriscono gli studi scientifici prima ricordati, bassi livelli di vitamina D nel sangue si associano anche ad un maggiore rischio di infarto, la situazione potrebbe essere più complessa: e la scarsa esposizione al sole delle popolazioni scandinave potrebbe per esempio contribuire (assieme alla loro dieta, spesso squilibrata) a spiegare il loro elevato rischio coronarico.
Come la vitamina D potrebbe ridurre questo rischio, in realtà, non è noto. E’ descritto un suo modesto effetto di riduzione della pressione arteriosa, ma non sufficiente per spiegarne la portata. Forse la vera motivazione va ricercata in un altro effetto fisiologico, recentemente scoperto, di questa multiforme vitamina: la capacità di influenzare i fenomeni e le risposte immunitarie. Oggi sappiamo infatti che la vitamina D è in grado di “migliorare le difese” del nostro organismo: lo ha riconosciuto anche EFSA, (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), considerando questa vitamina capace di contribuire ad influenzare favorevolmente le risposte del nostro organismo ad agenti patogeni come virus e batteri. Ma oggi sappiamo che anche l’aterosclerosi (il quadro che causa l’infarto e l’ictus cerebrale) è in realtà una malattia in cui i meccanismi dell’immunità giocano un ruolo assolutamente di primo piano: e così, concettualmente, il cerchio si chiude.
Dalle ossa alle coronarie, forse passando attraverso il sistema immunitario: ecco quindi il percorso che i più recenti studi su questa vitamina hanno delineato negli ultimi anni. In attesa che le informazioni nel merito si consolidino, rimane valida l’indicazione a prendere più sole, a consumare i pesci più ricchi in vitamina D (tonno, pesce spada, pesce azzurro) e a non trascurare le uova (il tuorlo ne contiene una piccola quantità).

Dott. Andrea Poli (Nutrition Foundation of Italy)


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